Una piccola chiesa
A S. Isabel, in Guatemala, un piccolo villaggio tra Los Amates e il fiume Motagua, un pugno di persone lotta ogni giorno contro la fame, le malattie, contro l’abbandono, il nemico più insidioso e spietato. Come in mille e mille altri posti così in tutto il mondo, e adesso purtroppo anche da noi, nel mondo cosiddetto avanzato che sembrava aver superato certe angosce, la gente guarda con occhi spaventati al tempo che passa senza portare mai nulla di buono per i propri figli, per la propria vita uguale a quella dei propri padri, senza consentire quasi mai un respiro tranquillo, un sorriso sereno. Ogni giorno una sfida durissima in cui si spengono talora molto presto le attese di una vita migliore.
Una cosa sola non muore mai tra questa gente, l’amore per Cristo, “Diosito nuestro”, dicono.
Non c’è da mangiare a sufficienza, non c’è modo di curarsi o curare un figlio ammalato, né di mandarlo a scuola, muoiono le persone e le speranze ma la fede, cioè il sentimento d’amore nei confronti di Nostro Signore, non muore mai.
Sono costretti a rinunciare a tutto, rinunciano a tutto ma non a questo, non ad accogliere ed incontrare Cristo. E così, ogni domenica, il giovane don Alberto arriva a S. Isabel e celebra la S. Messa nelle baracche della gente, a turno, nelle loro case di terra e lamiera.
Qualche mese a S. Isabel hanno saputo di noi, della nostra associazione e di quello che facciamo lì vicino, a Jubuquito per esempio, e ci hanno chiesto aiuto. Non ci hanno chiesto alimenti, né scarpe, tantomeno denaro. Ci hanno chiesto di aiutarli a realizzare una chiesa, una chiesa vera, con l’altare, una campana e la croce. Una piccola chiesa che fosse una casa stabile e decorosa per “Diosito nuestro”, dove potersi raccogliere tutti insieme durante la messa, dove andare a pregare in qualunque momento e dove i bambini potessero ritrovarsi e incontrare don Alberto, un posto sicuro e sereno dove la pioggia non potesse entrare. Hanno cominciato la loro chiesa sette anni fa, ma sono riusciti solo a delimitare il perimetro, e nulla più.
È stato realizzato un unico locale, senza nessuna pretesa o ricercatezza estetica, con il tetto in lamiera ma con le pareti in mattoni e il pavimento in cemento.
Apparentemente, rispondere a richieste di questo tipo non è esattamente nelle nostre finalità statutarie; ma quale intervento migliore a sostegno dell’infanzia se non darle la possibilità di incontrare e conoscere Cristo, e di fare esperienza della sua parola e del suo amore? Per di più, nel momento stesso in cui ci è arrivata la richiesta abbiamo trovato dei donatori, praticamente nello stesso giorno. Oggi la struttura è terminata e anche se non ci sono né finestre né porte don Alberto celebra la prima messa, proprio nel giorno di S. Isabel, Elisabetta in italiano.
La gente di S. Isabel in fondo ci ha ricordato con grande dignità che senza Dio non possiamo nulla (Giovanni, 14-1, 12), che dobbiamo rimanere in Lui e chiedere, certi che la preghiera è lo strumento irrinunciabile, è la forza vitale necessaria perché il mondo possa davvero cambiare. Le associazioni sono spesso preda di una sorta di iperattivismo, della smania del fare; fermarci a pregare a S. Isabel, idealmente vicini a quelle persone, ci consentirà certamente di continuare nel nostro impegno nel modo migliore.